emoji strategia di comunicazione

Ravenna, interno giorno. 

Ricevo un messaggio su whatsapp di Michele che mi invia l’ultimo post sulla mia serie preferita. Rispondo con una emoji sconvolta e una che ride.

Subito dopo ricevo su messenger la foto di un’amica, in vacanza ai caraibi, rispondo con una emoji con gli occhi a cuoricino, una arrabbiata e una con un bacio (= che meraviglia/che invidia/ti perdono).

Squilla il telefono, è telegram: un messaggio con un’immagine stupida e rispondo con una gif di batman che fa segno di no con un dito.

 

Ora vi chiedo: alzi la mano chi non ha mai usato un’emoji per rispondere ad un messaggio su whatsapp?! Vedo una piccola manina alzata, ma forse è quella della mia adorata nonnina che non sa nemmeno che cosa siano.

 

La nostra comunicazione, dai più giovani ai meno giovani – fino ai 65 anni, si è trasformata pian piano da verbale a visiva, portandoci ad esprimere le nostre emozioni attraverso le immagini.

 

Avete presente Pictionary? Si quel bellissimo gioco nel quale devi far indovinare una parola o un concetto attraverso dei disegni. Ecco, a volte ricevo dei messaggi, delle mail o vedo delle inserzioni che mi fanno sentire parte di una squadra di Pictionary, e io sono il povero giocatore che a tutti costi deve decifrare il messaggio nascosto.

 

Ed è inevitabile che questo si rifletta anche nelle comunicazioni dei brand online.

Ma siamo proprio sicuri che sia necessario omologarci alle mode e alle tendenze, rischiando di perdere di vista la nostra identità e il nostro modo di essere? Perchè a volte, il troppo stroppia, anzi, ti allontana.

 

È vero: gli esseri umani ricordano l’80% di quello che vedono rispetto a quello che leggono. Ma qual’è il messaggio che vogliamo gli rimanga impresso?

 

Le emoji sono entrate nel nostro modo di essere: se sono così utilizzate e apprezzate allora perchè non riempire messaggi, testi, inserzioni, post, newsletter con le nostre amiche “faccine gialle”?

 

Ricollegandoci al post di Michele sul tono di voce, ogni azienda dovrebbe definire il proprio: un tono che rispecchi i valori e la personalità del brand, ma non si può lasciare alle emoticon il compito di esprimere quello che noi non riusciamo ad esprimere a parole. A meno che questo non sia parte della strategia aziendale messa in atto.

 

Diversi studi fatti negli ultimi anni ci mostrano che i post, le ads e le newsletter scritte con l’utilizzo delle emoji convertono di più del semplice testo: in un tweet possiamo aumentare la diffusione del +25%, in un post Facebook possiamo raggiungere un +57% di like e +33% di commenti e condivisioni.

Ci sono brand che negli anni hanno provato ad utilizzare una strategia che sfruttasse le emoji. Chevrolet (sì lo so, è del 2015, ma rispecchia effettivamente il senso del post) ha lanciato un comunicato stampa scritto completamente con delle emoji

emoji strategia di comunicazione

emoji strategia di comunicazione

Voi ci capite qualcosa? Beh, nemmeno gli utenti lo hanno fatto, e Chevrolet si è ritrovata a dover aggiustare la strategia producendo una serie di video Youtube che aiutassero a decifrare il messaggio.

 

Ma è davvero necessario utilizzare sempre le emoticon nei nostri copy?

Ma è davvero necessario utilizzare sempre le emoticon nei nostri copy?

No, ci sono molte aziende e grandi brand che le utilizzano molto raramente o lo fanno in modo utile: ad esempio Netflix le utilizza solo quando vuole trasmettere un sentimento forte che coinvolga il pubblico, Ikea le utilizza quasi esclusivamente per indicare i link e Unieuro, non le usa quasi mai.

Quindi facciamoci una domanda: il nostro brand è capace di utilizzare in modo intelligente le emoji in una strategia di comunicazione rispettando stile, tono di voce e personalità?

….e soprattutto, il vostro brand che emoji è?

Laura Spanu